Zerocalcare non va a Lucca: ha ragione? Zerocalcare ha fatto sapere attraverso i suoi social che non ci sarà al Lucca Comics & Games, in programma dall’1 al 5 Novembre. Pubblica l’annuncio scusandosi con gli editori, il pubblico che lo attendeva e, sempre prendendosi poco sul serio (ma come solito maledettamente sul serio), espone le sue motivazioni.
La motivazione è il patrocinio che alla manifestazione è dato dall’ambasciata israeliana, proprio all’indomani dei ‘contrattacchi’ a Gaza (ma Zerocalcare probabilmente non sarebbe d’accordo su questo termine, e forse a ragione).
Zerocalcare non va a Lucca: la notizia via social
Inizialmente la notizia sembra proprio un fulmine a ciel sereno. La mattinata passa in definizioni contrastanti di ‘patrocinio’ e, a seconda di chi parla, è giusto o meno andare a Lucca (facendo, tra l’altro, assurgere il Lucca Comics a evento quasi istituzionale).
Nel pomeriggio è l’ora dei primi timidi schieramenti, anche se la maggior parte del solito prezzemolo politico/televisivo sembra non voler prendere posizione stavolta. I toni non si alzano: Zerocalcare non diventa mai un pericoloso estremista o un faro del libero pensiero.
“Purtroppo il patrocinio dell’ambasciata israeliana per me rappresenta un problema (…) Sono stato a Gaza diversi anni fa, conosco persone che ancora vi vivono. Quando mi chiedono com’è possibile che una manifestazione culturale di questa importanza non si interroghi sull’opportunità di collaborare con la rappresentanza di un governo che sta perpetrando crimini di guerra in spregio del diritto internazionale, io non riesco a fornire una spiegazione (…) Non è una gara di radicalità e da parte mia non c’è nessuna lezione o giudizio morale verso chi andrà a Lucca, soprattutto non è una contestazione alla presenza dei due autori del poster Asaf e Tomer Hanuka, (…) ma quel simbolo per persone a me care rappresenta in questo momento la paura di non vedere il sole sorgere domattina” (fonte ANSA)
Zerocalcare non va a Lucca: ha ragione?
Di Zerocalcare ammiro moltissimo il ritmo narrativo. E’ uno dei pochi autori italiani che può con naturalezza competere col video in quanto a intrattenimento puro. Non l’ho però mai considerato un brillante pensatore: le sue morali facili alla romanesca a me sembrano sempre un po’ facilonerie retoriche più che altro.
Però non sono qui per discutere la sua posizione, ma la posizione della critica. Torniamo per un attimo a pochi mesi fa. Qualcuno di noi si ricorda che siamo nel paese in cui un direttore d’orchestra russo non poteva suonare alla Scala per via della sua cittadinanza e delle sue idee? Oppure che si è messa in dubbio la legittimità di spiegare Dostoevskij in università … ricordate quante autorevoli voci di intellettuali hanno speso il loro fiato per sostenere questi estremismi? Quali battaglie retoriche si son fatte sulla libertà di espressione?
In tutti questi casi la critica d’arte, che in forza della libertà artistica e di ricerca avrebbe dovuto ribellarsi, si è per lo più fortemente schierata con gli autori che seguivano il pensiero della maggioranza. Non era tanto cacciare il direttore filo putiniano a sentire loro, ma far dirigere chi esprimesse solidarietà all’Ucraina. Non era il cancellare un corso su autori russi, ma portare avanti autori contro le invasioni armate.
Adesso con Zerocalcare, che si sia d’accordo o meno con le sue idee, abbiamo assistito a una critica che non ha ancora preso una posizione netta, perchè aspetta che siano altri a schierarsi chiaramente, e che, quindi, non sa come commentare questa uscita dell’autore.
Non è un caso che gli unici del campo artistico a commentare siano stati colleghi di Zerocalcare, altri fumettisti per lo più, chi pro e chi contro, ma nulla si è trovato di già pronto nella critica ufficiale, che arranca…
Cosa ci insegna tutto ciò?
La critica oggi sembra sempre più considerare il ruolo degli autori come ‘interpreti della società ’ (l’avrete sentita moltissime volte questa definizione). Solo che questa definizione nasconde una grave ambiguità . L’autore che ha diritto al palcoscenico non sembra essere colui che svela la società , ma colui che la ripete (e formalmente la definizione è rispettata). L’opera e il pensiero di un autore sono accettabili se ripropongono un pensiero comune, mentre non vanno quasi commentati se per primi ipotizzano una posizione (e non conta la posizione, ma solo se è già assegnata o no!).
La critica d’arte si stabilisce allora nel rapporto tra pensiero comune e rappresentazione dello stesso, premiando le rappresentazioni più fedeli. In tal senso tarpa ogni velleità innovativa e rivoltosa delle arti, divenendo conseguenza di tendenze censorie.
Il gioco non detto, infine, è che gli autori noti, se vogliono che la critica parli di loro, devono riproporre posizioni note, in tal modo nessuno dei due coglie di sorpresa l’altro.
Che si sia o meno d’accordo con Zerocalcare, quindi, gli va comunque riconosciuta una ventata di aria fresca nell’aver scelto pubblicamente una posizione che non ha ancora un chiaro partito di riferimento, il chè male non fa all’ambiente autoriale italiano.