Vita e carriera di Sophie Calle: spiare e l’arte. L’arte contemporanea difficilmente può essere affrontata come materia di studio, come disciplina da imparare attraverso basi teoriche. Il modo migliore per approcciarla rimane, a parere di chi scrive, conoscere alcuni singoli autori e approfondirne la biografia e il lavoro. In tal modo entriamo all’interno di una poetica individuale che, negli anni, si è confrontata e ha plasmato la stessa poetica contemporanea. Scoprendo un autore ne scopriamo gli studi, i maestri e gli allievi, incontriamo le sue conoscenze e le ricerche condivise. Ampliamo passo dopo passo la conoscenza degli attori di un panorama che, ad oggi, non possiamo e non riusciamo ancora a vedere come materia conclusa di studio.
Su questo portale abbiamo già incontrato importanti autori e autrici che aprono alla conoscenza del contemporaneo il nostro pubblico:
Nelle loro biografie e ricerche troviamo temi cari all’arte di oggi e percorsi per leggere opere che potrebbero sembrare incomprensibili a un primo sguardo.
Vita e carriera di Sophie Calle: spiare e l’arte. Adolescenza e scoperta della fotografia
Oggi parliamo di un’artista che è diventata un punto di riferimento teorico e pratico per l’arte internazionale. Sophie Calle nasce il 9 ottobre 1953 a Parigi, figlia di un cardiolo e di un’addetta stampa. La sua adolescenza è impegnata nella politica, studentesca prima e dei partiti poi, venendo anche in contatto con movimenti estremisti della capitale francese. A 20 anni però decide di lasciare la città per girare il mondo. Per 5 anni non si ferma e solo nel 1978 fa ritorno in Francia. La nuova stabilità le fa scoprire definitivamente il suo primo vero amore: la fotografia.
Nel corso degli anni, come vedremo, il linguaggio di Sophie spazierà in materiali e dinamiche diversissime tra loro, ma il mondo la scoprirà principalmente come fotografa innovativa, capace di far entrare il concetto di performance all’interno della pellicola.
I primi successi: Suite Venitienne e Les Dormeurs
E’ ‘Suite Venitienne‘ il lavoro che la impone all’attenzione della critica internazionale. Nel 1979 espone una serie di fotografie che narrano un’ossessione, un fare persecutorio e voyeuristico. Calle incontra a una festa di Parigi un uomo che rivedrà a Venezia, a un ballo mascherato. Decide di seguirlo per tutta la città lagunare, fotografandolo, nascondendosi. Da quella sera inizia una vera osservazione ossessiva, una sorveglianza con tanto di appunti, orari e descrizione del soggetto. Un repertorio fotografico che non snobba le inquadrature in bianco e nero da appostamento. L’uomo non ne sa nulla, non ne viene a conoscenza per mesi. Ci sarà un incontro dopo molto tempo e molti appostamenti ma paradossalmente rovinerà tutto. La serie fotografica stupisce perché gioca con la riversatezza dell’altro, con i confini da non sorpassare e cosa appare se li si oltrepassa. La fotografia come atto di violazione e di incensamento allo stesso tempo.
L’attenzione ricevuta spinge Sophie a esplorare i vari linguaggi artistici, in particolare a utilizzare le nuove forme d’arte per provocare il pubblico, per mettere in discussione il concetto di autorialità. In ‘The Sleepers (Les Dormeurs)’ invita i passanti a salire in casa e occupare il suo letto. Alcuni sono amici o parenti, ma la maggior parte sono sconosciuti anche in cerca di cibo. Li fotografa ogni ora nel suo letto.
“Volevo che il mio letto venisse occupato 24 ore su ventiquattro,come quelle fabbriche dove la chiave non finisce mai sotto la porta. Così ho chiesto alla gente di darsi il cambio ogni otto ore per otto giorni. Ho scattato una foto ogni ora. Ho osservato i miei ospiti mentre dormivano. (…) Una delle persone che ho invitato a dormire nel mio letto e che avevo incontrato per la strada, era la compagna di un critico d’arte. Tornata a casa, ha raccontato al marito che aveva dormito per otto ore nel mio letto e lui ha voluto capire di cosa si trattasse. È così che sono diventata un’artista.“
Nel 1981 si fa assumere come camiera in un hotel di Venezia. E’ solo un espediente per spiare gli oggetti e i diari degli ospiti. Nasce così la serie fotografica The Hotel (1981), lungamente pensata, limata e prentata a un pubblico che, improvvisamente, diventa complice dell’intrusione.
Address Book e Room with a View
Nei primi anni ’80 la sua voce inizia a interessare anche come scrittrice. Il quotidiano francese Libération le propone la pubblicazione di una serie di 28 articoli. Calle telefona a caso a dei numeri privati trovati all’interno di una rubrica raccolta per strada. Registra le conversazioni e le trascrive senza permesso. Durante le telefonate cerca di capire il più possibile del proprietario sconosciuto della rubrica, e scatta foto a oggetti e passatempi che sembrano essergli comuni dai racconti. Pubblica tutto sul quotidiano chiamando la serie ‘Address Book (1983)’. Pierre Baudry, documentarista e, soprattutto, proprietario della rubrica smarrita è tra i lettori degli articoli e minaccia di citare in giudizio l’artista per violazione della privacy.
Gli anni ’90 la vedono ritornare anche a una vecchia passione: la politica. Prima mette in dialogo israeliani e palestinesi di Gerusalemme chiedendo loro di portarla in luoghi pubblici diventati anche parte della loro sfera privata. Attraversa poi tutti gli Stati Uniti per fotografare una civiltà che punta a sposarsi davanti a un obiettivo in una cappella di Las Vegas (ne uscirà un film, No Sex Last Night, in collaborazione con il fotografo Gregory Shephard).
Nel 1999 Calle avviene la performance/installazione Room with a View (2002), dove trascorre la notte in un letto installato in cima alla Torre Eiffel. Calle invita i turisti ad avvicinarsi per leggerle una favola della buonanotte, a sedersi insieme sul letto, a invadere i suoi spazi privati. E’ la performance opera che apre anche la sua prima importante restrospettiva, al Musée National d’Art Moderne al Centre Georges Pompidou di Parigi.
Take Care of Yourself
Negli anni a inizio 2000 la sua ricerca vira verso un documentarismo della propria intimità. La fotografia è sempre il mezzo principale di raccolta, però il soggetto diventa sempre più legato allo scorrere delle giornate intorno all’autrice.
Alla Biennale di Venezia del 2007 presenta Take Care of Yourself, dal nome dell’ultima riga dell’e-mail che il suo ex le ha inviato. Calle ha chiesto ad amici, conoscenti e donne di tutte le età, tra cui un pappagallo e un burattino, di interpretare l’e-mail di rottura e ha presentato i risultati nel padiglione francese.
“Ho ricevuto un’e-mail che mi diceva che era finita. Non sapevo come rispondere. Era quasi come se non fosse stata pensata per me. Si concludeva con le parole ‘prenditi cura di te’. E così ho fatto. Ho chiesto a 107 donne, scelte per la loro professione o abilità, di interpretare questa lettera. Di analizzarla, commentarla, ballarla, cantarla. Esaurirla. Capirla per me. Rispondi per me. Era un modo per prendersi il tempo per rompere. Un modo per prendersi cura di me stessa.“
Oggi Sophie Calle è per tutti gli artisti un punto di riferimento ogni volta che il discorso cade sull’avvicinarsi all’altro, sul renderlo soggetto e oggetto, sul violare l’intimità come primo passo dell’etica.