Una stampante che utilizza gli scarti del caffè

Una stampante che utilizza gli scarti del caffè

Una stampante che utilizza gli scarti del caffè. Ma vogliamo parlare di come rendere la nostra quotidianità sostenibile e programmata per riutilizzare i nostri stessi rifiuti?! Ormai si parla sempre della sostenibilità nelle aziende e nei prodotti, se ne parla così tanto che una delle più diffuse pratiche è il Greenwashing. Se il negozio sotto casa non ha il cibo Km 0 o gli abiti fatti solo in maniera sostenibile diventa quasi illegale farci un salto. Ma noi?! Oltre a dividere i rifiuti, possiamo dire veramente di fare ricerca verso la sostenibilità??

Oppure il nostro concetto di “quotidianità sostenibile” lo spingiamo fin dove ce lo permettono gli altri, fin quando troviamo i prodotti dichiarati sostenibili?

Un passo in avanti è cercare soluzioni innovative per il nostro quotidiano che trasformino la nostra o posto di lavoro casa in una vera filiera del riutilizzo. Partiamo da noi.

Una stampante che utilizza gli scarti del caffè. L’avventura del prototipo RITI

In tal senso vogliamo mettere la vostra attenzione su un prototipo che ci ha esaltate: la copiatrice che utilizza i fondi e scarti di caffè e tè per stampare. Fantastico!

Ne era stato presentato un prototipo che face parlare di sé in tutto il mondo, questo più di 10 anni fa. Avvenne in occasione del Greener Gadgets Design Competition di New York del 2009.

Una stampante che utilizza gli scarti del caffè

Messa a punto dal creativo sud coreano Jeon Hwan Ju, il suo nome era RITI e rifiutava tanto le ricariche tradizionali con toner e chili di rifiuti ogni anno, quanto l’uso dell’elettricità.

Se si era in un ufficio o in una casa di ‘coffee addicted’ si sarebbero potute riutilizzare le cialde usate di caffè, ma anche di tè. I costi del toner si sarebbero annullati, il caffè non sarebbe stato più nell’umido, avremmo avuto stampanti sempre cariche e una consapevolezza verso il non spreco superiore.

RITI Coffee Printer aveva letteralmente esaltato gli esperti di settore, in più era pensata per sfruttare semplici gesti manuali che eliminavano cavi e fonti di elettricità. “è necessario solo spostare a mano, avanti e indietro, l’apposito contenitore-misurino destinato ai fondi di moka pressati oppure, in alternativa, ai residui di thè“. Insomma, si era negli anni in cui si immaginava un futuro diverso.

Perché non andò come previsto?

Purtroppo l’esaltazione iniziale non ebbe gran seguito. I maggiori problemi, secondo voci di corridoio, erano due. Da una parte non si era così certi della resistenza nel tempo della stampa. Dall’altra il marketing non riusciva proprio a far accettare dei caratteri di color marroncino. Può sembrare una cosa da poco, ma l’abitudine negli ambienti formali è tutto, e un carattere “colorato” non era ben accetto da molti.

Negli anni successivi ci sono stati altri prototipi di stampanti a riutilizzo del caffè, ma non andò mai come sperato, soprattutto con la rivoluzione delle cialde pronte che spodestarono le macchine del caffè che emettevano come rifiuto la polvere libera.

Insomma, un gusto formale e una successiva innovazione hanno molto contrastato quella che poteva essere un’ottima piccola idea per fare economia sostenibile e domestica.

Morale della storia

Perché questo racconto? Per spronarvi a informarvi (anche qui da noi 😉), a ricercare nuove soluzioni anche nel piccolo del quotidiano, e non semplicemente essere sostenibili quanto gli altri ci lasciano essere.

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