Turner Prize 2021: vincono gli Array Collective. Querst’anno il Turner Prize va ad Array Collective. Il prestigiosissimo premio annuale inglese, con 25mila sterline in palio ma, soprattutto, con visibilità mondiale, assegna il primo posto all’opera “The Druithaib’s Ball”, creata dal collettivo nord irlandese Array Collective.
Un Turner Prize 2021 inedito
Il Turner Prize è stato istituito nel 1984 dalla Tate di Londra, in ricordo del rivoluzionario pittore JMW Turner. Ogni anno giudica la migliore opera creata da un artista inglese (o che lavora prevalentremente in Inghilterra) al di sotto dei 50 anni. Già nell’ultima edizione, del 2019 (il 2020 non è stato assegnato), Oscar Murillo aveva trionfato insieme agli altri 3 nominati, Tai Shani, Helen Cammock e Lawrence Abu Hamdan. Per la prima volta il premio era stato diviso tra tutti i ‘finalisti’.
Quest’anno le novità sono state molto maggiori. Nella lista finalisti, infatti, per la prima volta nella storia del premio si hanno avuto solo collettivi, nessun singolo. Tutti i gruppi artistici individuati hanno poi una stretta relazione con tematiche sociali di attualità. Nella shortlist si leggono, oltre ai vincitori, The Druithaib’s Ball, Gentle/Radical, Black Obsidian Sound System, Cooking Sections e Project Art Works.
Vincono gli Array Collective
Vengono dall’Irlanda del Nord, il premio gli è stato conferito da Pauline Black, attrice e cantante dei 2 Tone, durante una diretta della BBC. 25mila sterline al gruppo vincitore e 10mila sterline ad ogni finalista. I soldi ricavati, hanno dichiarato gli Array Collective, serviranno a pagare agli 11 artisti componenti (Sighle Bhreathnach-Cashell, Sinead Bhreathnach-Cashell, Jane Butler, Emma Campbell, Alessia Cargnelli, Mitch Conlon, Clodagh Lavelle, Grace McMurray, Stephen Millar, Laura O’Connor e Thomas Wells) uno studio a Belfast dove lavorare.
Il collettivo si è formato nel 2016, inizialmente per manifestare in favore dei diritti sociali, ma espandendo poi la propria pratica artistica al mondo della contestazione e delle lotte civili. Nascono con un’attenzione specifica verso il dibattito etnico-religioso nell’Irlanda del Nord, creando progetti sociali, installazioni interattive e unendosi a cortei e proteste.
“The Druithaib’s Ball”, l’opera vincitrice tra impegno e ‘joie de vivre‘
“The Druithaib’s Ball” trionfa trasformando lo spazio della galleria d’arte in un pub, o meglio in un “síbín” o “shebeen”, vendita abusiva di alcolici durante il proibizionismo. Il luogo contemporaneo deputato alla elitaria ricerca artistica utilizzato come spazio prescelto tanto per la discussione che per il conflitto tra persone della strada. Un modo di parlare delle contrapposizioni e dei diritti sociali che ha colpito la giuria per il modo leggero e ironico. Mettere in scena i grandi temi di attualità così come veramente vengono discussi dalla società, nei veri luoghi usati.
“Quello di cui si occupano è davvero serio (…). Ciò che la giuria ritiene notevole è l’incredibile leggerezza del tocco, del gioco, della convivialità intesa nel senso di ospitalità che apporta“. “(…) affrontano questioni sociali e politiche urgenti, che colpiscono l’Irlanda del Nord, con umorismo, serietà e bellezza“ (Alex Farquharson, direttore della Tate Britain e presidente del Turner Prize)
La documentazione dell’evento di Array Collective, unita a quella degli altri finalisti, sarà in esposizione fino al 12 gennaio negli spazi dell’Herbert Art Gallery & Museum di Coventry.
Una sola domanda
Un solo dubbio mi rimane da chiedere, soprattutto a chi mi legge da un po’: perché continuare a fare dell’arte una patria per dilettanti di altre materie?