Torta sulla Gioconda: gli 8 precedenti più famosi. Un (non-si-capisce-bene-in-che-senso) attivista ha imbrattato la Gioconda con il lancio di una torta. E’ riuscito ad arrivare fino davanti all’opera mascherato da paralizzato e, nascosta sotto il cuscino della sedia a rotelle, ha estratto una torta alla panna che ha perfettamente centrato il bersaglio (la teca protettiva!). Non ĆØ la prima volta e non sarĆ l’ultima. Le opere d’arte sono state bersaglio nella storia di svariati atti simili e provocatori. Questo ha delle leggere differenze, date dai tempi che corrono, ma nulla di cosƬ importante.
Torta sulla Gioconda: gli 8 precedenti più famosi
Iniziamo con il succo dell’articolo, quello per il quale state leggendo. Una carrellata di atti tra il vandalico e lo scanzonato che hanno visto opere d’arte come protagoniste.
La PietĆ di Michelangelo
1972. Nella Basilica di San Pietro si sente un urlo: āI am Jesus Christ, risen from the dead!ā. Non ĆØ veramente Gesù, ma lāaustraliano Laszlo Toth. Con 15 martellate deturpa la PietĆ di Michelangelo, accanendosi sulla vergine. Cade un braccio, volto sfregiato e naso irriconoscibile. Da quel giorno la PietĆ vive in una teca antiproiettile.
La Gioconda di Leonardo
Ebbene sƬ, non ĆØ la prima volta per la Gioconda. La sua aura di capolavoro assoluto ha attirato nella storia più di un cercatore di sguardi. Dal 1956 si sono susseguiti: lancio di acido, lancio di una pietra e, ultimo prima della torta, lancio di una tazzina da caffĆØ nel 2009. Non sorprende sapere che c’ĆØ una teca a proteggerla.
La Danae di Rembrandt
Ermitage di San Pietroburgo, 1985. La Danae di Rembrandt ĆØ parte della collezione sovietica dall’acquisto fatto da Caterina la Grande. Bronius Maigys, lituano, le arriva davanti e si accanisce sulla tela, prima con dell’acido solforico e poi tagliandola a coltellate.
Bloccato, Maigys prima si appellò a una motivazione politica: voleva mettere i riflettori sulla necessitĆ di indipendenza Lituana dall’Urss. Dopo qualche interrogatorio il gesto passò a esprimere il suo disappunto morale verso i nudi in pubblico. Dopo 12 anni finƬ il restauro della tela, 4 anni dopo che Maigys era uscito dal manicomio.
David di Michlangelo
Torniamo in ambito michelangiolesco. Firenze, 1991. Pietro Cannata tira delle martellate al piede del David. Pezzi interi si staccano e fortunatamente il restauro non ĆØ cosƬ difficile. Col tempo si scoprirĆ in Cannata il più costante ‘serial vandalist‘ di opere d’arte in Italia, un uomo in cerca di sguardi da rubare alle cose belle.
Il trasporto del corpo di san Cristoforo di Andrea Mantegna
Sarebbe stata proprio Santa Giustina la committente dell’atto vandalico. Nel 1993 un imbrattatore entra di nascosto dal cancelletto della Cappella Ovetari e nella parte bassa dell’affresco di Mantegna scrive “Santa Giustina“. Si rimette all’opera anche con un lavoro vicino di Bono da Ferrara, ma qui viene bloccato da intrepidi visitatori e rimane solo “Santa G…”. “E’ stata la Santa a commissionarmi la scritta“. Questa la scarna giustificazione che ci apre una finestra sul viral marketing in paradiso.
Croce Bianca di Malevich
1997. Aleksandr Brener ĆØ un artista russo pieno di idee, forse la maggior parte banali. Fa un viaggio ad Amsterdam, entra in un museo provvisto di spray e punta il quadro di Malevich. Ci disegna sopra il simbolo dei dollari. E’ un messaggio per il mondo dell’arte, ossessionato dal dio denaro. Scrivendo poi di aver “crocifisso il dollaro, come Gesùā, possiamo affermare che avesse un’alta opinione delle sue azioni.
Fontana di Trevi
All’epoca ne parlarono come un atto di neo futurismo. Fu difficile capire se fosse o no all’interno del vandalismo come genere. 2007, Graziano Cecchini, auto proclamato artista neo futurista, rilascia nell’acqua della fontana di trevi un secchio di colorante rosso. Dopo un anno ripeterĆ con 500 mila palline colorate che scendono dalle scalinate di Piazza di Spagna.
La montagna di sale di Paladino
Milano. 2011. Per i 150 anni dell’UnitĆ d’Italia a Mimmo Paladino viene commissionata un’opera per la capitale lombarda. Ricrea la ‘montagna di sale’, giĆ vista a Napoli nel 1995 e accolta benissimo all’epoca. Un ammasso di sale puro di 30 metri di diametro e 20 di altezza. Ad abitarlo 30 sculture di cavalli e frammenti bronzei. Il tutto in Piazza Duomo.
Poi accadde il 18^ scudetto del Milan e i tifosi non trovarono di meglio che invadere la montagna, giocarci e, giĆ che c’erano, rubare qualche bronzo. Costò 150 mila euro rimetterla in sesto.
Che differenza c’ĆØ?
Che differenza c’ĆØ tra i casi descritti e quello della torta? A parere mio uno, piuttosto grande eppure marginale: questa volta l’opera non ĆØ stata in alcun modo raggiunta dal gesto, che ne ha imbrattato solo la teca. Però nei mezzi di comunicazione bisognava leggere fino alla fine gli articoli per sapere questo, e le foto che sono divampate sulla rete facevano vedere l’opera direttamente imbrattata e i titoli lo lasciavano sempre credere al lettore.
Siamo davanti al solito affamato sensazionalismo dei mediatori della realtĆ ? Certo, questa ĆØ una componente strutturale del voluto fraintendimento. Però c’ĆØ anche il discorso della sopravvivenza dell’opera d’arte unicamente come immagine replicabile nei luoghi digitali. Se se ne sporca la superficie attraverso la quale si osserva, si sporca l’opera. L’arte ĆØ ormai legata alla sua riproducibilitĆ per esistere ed esiste in quanto fotografabile. Imbrattata la teca, imbrattata l’opera.
LEGGI ANCHE:
https://nonsolowork.com/joana-vanconcelos-e-le-installazioni-straordinarie/
https://nonsolowork.com/mostre-immersive-il-futuro-dei-luna-park/