Ricevuta per “arte invisibile” venduta a oltre 1 milione di euro. Siamo nel 1958 e siete a Parigi. Da due anni Yves Klein si è definitivamente imposto sul panorama dell’arte internazionale. La sua “più perfetta espressione del blu” è stata da lui brevettata nel 1956 col nome di International Klein Blue. Decidete di andare alla sua ultima mostra e vi mettete in fila per il biglietto. Pagate, arrivate a una tenda bianca che separa la stanza espositiva dall’ingresso, la scostate e vedete un armadio trasparente proprio davanti a voi, nell’angolo di una stanza bianca. L’armadio è vuoto, la stanza è vuota, e in effetti siete andati in una mostra dal titolo “The Void”, il vuoto.
Oggi non la prenderemmo bene, e la cosa farebbe pochissima notizia e molta noia. Eppure all’epoca la mostra diventa un successo che lancia ancora di più Yves Klein nel mondo del collezionismo. Sono in migliaia a darsi il passa parola per entrare alla mostra. La città è entusiasta di questa trovata che, per l’epoca, fa molto discutere e mette uno dei mattoncini anche della futura ricerca artistica.
Yves Kline, dopo la mostra ‘The Void’ rilancia
Yves Kline, da parte sua, non è un intellettuale avulso dalla società. Le sue mosse sono degne di uno scacchista nel mercato dell’arte, le provocazioni sanno di esserlo ed esistono anche per quello. Decide di seguire questo flusso e rincara la posta in gioco.
Decide di proporre ai collezionisti, che in questo momento guardano solo a lui, la possibilità di acquistare una serie di spazi inesistenti e puramente concettuali in cambio di una quantità di oro puro. Naturalmente la maggior parte degli interpellati ferma lì il proprio ‘disinteressato’ interesse, ma una piccola parte di collezionisti accetta.
Consegnato l’oro, l’artista in cambio concede una ricevuta scritta di proprio pugno che testimonia la vendita e proprietà dello spazio intellettuale.
Sono anni di continue provocazioni, lo stesso Klein le continuerà fino alla sua morte, solo 4 anni dopo. Questa lottizzazione dello spazio immaginario viene presto dimenticata, le ricevute vengono scambiate da eredi come una banale documentazione e buttate. Spariscono nelle scartoffie delle mansarde parigine e di provincia. Altre vengono bruciate: è lo stesso autore a invitare gli acquirenti, dopo il pagamento, a bruciare le ricevute in un rituale. Solo in tal modo la proprietà immaginata diventa definitivamente in possesso. Rimanendo invece esistente la ricevuta c’è ancora qualcosa che può essere perso.
Ricevuta per “arte invisibile” venduta a oltre 1 milione di euro
Sono passati quasi 60 anni e una delle ricevute di Yves Klein ricompare in asta. Negli anni è stata certificata, valutata e mostrata al mercato. L’artista si è confermato parte della storia del Novecento e questo semplice pezzo di carta è stato assunto ufficialmente al catalogo delle opere.
Ecco che Sotheby’s di Parigi la mette in asta: la ricevuta per l’arte “invisibile” viene venduta per oltre 1,06 milioni di euro.
La ricevuta e la sua storia
Per chi volesse approfondire, possiamo citare il fatto che il biglietto è largo 20 cm, su normale carta d’ufficio, stampata, timbrata e firmata dallo stesso autore. Nello specifico viene venduto lo spazio immaginario nominato “Zone di sensibilità pittorica immateriale“. La data è 7 dicembre 1959.
Il destinatario originale è il commerciante di antiquariato Jacques Kugel. E’ proprio lui uno dei fautori della memoria di questa azione artistica. Ha fatto in modo che la sua ‘proprietà’ negli anni facesse il giro delle principali istituzioni artistiche in tutta Europa, tra cui la Hayward Gallery di Londra e il Centre Pompidou di Parigi. Solo con l’arrivo del gallerista Loïc Malle la ricevuta cambia di mano insieme a tutta la collezione Kugel.
Arriva infine sui banchi di Sotheby’s che conferma che “l’aggiudicatario non solo diventerebbe il custode di questa ricevuta storica, ma anche dell’opera d’arte invisibile di Klein“.
“Alcuni hanno paragonato il trasferimento di una zona di sensibilità e l’invenzione delle ricevute come un antenato della NFT, che a sua volta consente lo scambio di opere immateriali. Se aggiungiamo che Klein tenesse un registro dei successivi proprietari delle “zone”, è facile trovare qui un altro concetto rivoluzionario: la ‘blockchain‘”. (Sotheby’s)
A parte queste dichiarazioni, che servono più a infilarsi in un hashtag che a comprendere fenomeni profondamente diversi, la fantasia di Klein è controbilanciata da quell’imbarazzo che mi provoca chi può vantare di aver acquistato per oltre un milione di euro un’immaginazione.
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