Record per Christie’s: ma stiamo attenti! Le Ninfee di Monet segnano un nuovo record nella vendita all’asta di Christie’s a New York. Ma vedere un pezzo amato della mia cultura che entra nelle mani di sconosciuti privati mi fà sempre uno strano effetto e mi fa pensare come consideriamo veramente il concetto di cultura.
A Christie’s vendute le Ninfee di Monet
Siamo al Rockefeller Center, 9 novembre 2023, nelle prestigiosissime sale di rappresentanza e vendita di Christie’s. L’asta si basa su capolavori artistici del Novecento, tra i quali spicca una tela di Ninfee di Claude Monet, Le bassin aux nympheas.
Dal podio dell’asta Jussi Pylkkänen, presidente banditore con quarant’anni di esperienza, giunto alla sua ultima performance, inizia un lavorio di controfferte che durerà 2 ore, alternando quadri e compratori, e frutterà una delle milgiori battute d’asta della storia di Christie’s.
Sul patibolo della vendita passano i nomi che abbiamo studiato solo sui libri: Francis Bacon, Paul Cezanne, Arshile Gorky, Richard Diebenkorn, Joan Mitchell, Mark Rothko, e tutti aspettano il pezzo forte, le Ninfee di Claude Monet.
Quando li quadro entra nella sala scortato dai valletti scatta un lunghissimo applauso.
Il dipinto è del 1917/19, uscito dopo 50 anni da una collezione privata e stimato intorno ai 65 milioni di dollari. Le controfferte si sprecano e alla fine, dopo una lunga battaglia gestita elegantissimamente dal banditore curioso di scoprire la sua percentuale, l’opera viene acquistata per 74 milioni di dollari.
Le altre vendite di Christie’s
Non è l’unico pezzo andato oltre il previsto. Alla fine delle due ore Christie’s incassa oltre 640 milioni di dollari, chiudendo la migliore asta della New York Marquee Week dal 2017. Oltre alla Ninfee, che verranno ricordate per questo record, stupiscono anche Recollections of a Visit to Leningrad, di Richard Diebenkorn, venduta a 46,4 milioni, praticamente il doppio della stima d’entrata; i 29 milioni per Untitled di Joan Mitchell e i 23 per Charred Beloved I, di Gorsky.
All’ultimo colpo di martelletto l’intera sala si alza per una standing ovation, in onore dei quadri storici venduti e del banditore che ha fatto la storia.
Record per Christie’s: ma stiamo attenti!
Quando un’opera è stata direttamente fonte della mia cultura e viene venduta a dei privati… ho una sensazione strana, di privazione.
Potreste dire voi molte cose a questo punto, tutte rilevanti: quel quadro era da 50 anni privato, è solo passato di mano. Oppure che quelle non sono le specifiche Ninfee che vediamo sui libri. O, ancora, che molto spesso l’acquisto privato salva letteralmente l’opera… tutte cose giuste… ma a me rimane una cosa qui, ad altezza pancia.
Non è la stessa cosa di chi compra i diritti su una musica o su un film. Quelle sono opere riproducibili e riprodotte e, oggi, parlando praticamente, anche in caso di tutelatissimi diritti d’autore è impossibile togliere dalla circolazione un’opera riproducibile. Un quadro, invece, non può essere riprodotto (per ora). Può essere fotografato, quello sì, ma siete mai stati all’Orangerie davanti alle grandi Ninfee? Volete davvero metterle a confronto con qualsiasi fotografia sia stata loro fatta?!
Togliere dalla circolazione un quadro è possibile, basta pagare. Per questo motivo il primo pensiero che mi viene guardando chi compra i diritti di una canzone di Dua Lipa è “vuole fare soldi”. Mentre quando guardo chi compra un quadro penso “vuole toglierlo dalla disponibilità ”. E’ più forte di me.
Il mio concetto di arte corrisponde a ‘spazio di possibilità ’. L’arte offre una espressione che apre alle altre persone possibilità emotive, di ragionamento, di libertà o di scontro. Apre alla possibilità di cultura. Togliere dalla disponibilità un’opera d’arte storica non leva la possibilità alla cultura, ma fa diventare quest’ultima esclusiva.
Il poter acquistare un quadro come le Ninfee deve far riflettere su come la cultura possa essere effettivamente in vendita, e di come i proclami che fin da bambini sentiamo, con una cultura puramente astratta che quasi gira nell’aria, siano spesso poco rispondenti ai fatti.
La cultura può essere comprata e, in tal modo, può esserne tolta la possibilità ai più. Questo non è nè giusto nè sbagliato, è così e basta. Però deve farci riflettere su come sia fragile e da proteggere, sul valore vero degli artefatti che la trasportano con sè. Essi non sono solo simulacri del nostro pensiero, interscambiabili con fotografie, ma la loro materia specifica ci parla di possibilità nuove.