Processo a Elizabeth Holmes: cosa ci insegnano le testimonianze

Processo a Elizabeth Holmes: cosa ci insegnano le testimonianze

Processo a Elizabeth Holmes: cosa ci insegnano le testimonianze. San Jose, California (CNN Business). Il processo alla ex reginetta delle startup è in pieno svolgimento. La fondatrice di Theranos, Elizabeth Holmes, è alle prese con il terzo mese di procedimento davanti al giudice. Holmes, descritta un tempo come lo Steve Jobs al femminile, sta affrontando una dozzina di accuse di frode federale. Le viene contestato di aver consapevolmente ingannato investitori, medici e pazienti sulle capacità di analisi del sangue della sua azienda al fine di ricevere finanziamenti. Rischia adesso fino a 20 anni di carcere.

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In queste fasi del processo l’attenzione è tutta su come la startup di analisi del sangue sia stata in grado di attrarre investimenti da diverse famiglie miliardarie degli Stati Uniti.

La testimonianza di Daniel Mosley

Daniel Mosley, ex avvocato dell’importante studio di New York Cravath, Swaine & Moore, investitore in Theranos per oltre 400 milioni di dollari, è stato uno dei quattro nuovi testimoni della settimana. Ha detto che è stato presentato alla Holmes dall’ex segretario di Stato Henry Kissinger, e a sua volta ha presentato l’opportunità di finanziamento ad altre famiglie molto altolocate.

Kissinger avrebbe semplicemente chiesto a Mosley di dare un’occhiata a Theranos per un’opinione. Da Mosley sono arrivati importantissimi altri contatti, come i Walton, il cui patriarca fondò la catena di negozi Walmart (WMT), o il nostro John Elkann.
In totale, i clienti e i conoscenti di Mosley hanno investito 403 milioni di dollari in Theranos.

La testimonianza di Chris Lucas

Secondo testimone è stato Chris Lucas, tra i primi a investire. La sua azienda, Black Diamond Ventures, ha elargito oltre 2 milioni di dollari nel 2006 e altri 5,4 milioni verso la fine del 2013. La maggior parte di quel denaro proveniva dagli investitori dell’azienda, ma Lucas ha testimoniato di aver incluso parte del proprio denaro come bene.
Lucas è stato presentato a Holmes tramite suo zio Don Lucas, noto investitore della Silicon Valley e un tempo presidente del consiglio di amministrazione di Theranos.

Lucas testimonia che inizialmente vi era “un alto grado di trasparenza” nell’azienda. I rendiconti erano sempre inviati su richiesta e molto specifici, cosa che nel tempo ha cessato di essere.
Tuttavia, si fidava del giudizio di suo zio e rimase colpito da Holmes.

Elizabeth Holmes, founder and former CEO of Theranos, arrives for motion hearing on Monday, November 4, 2019, at the U.S. District Court House inside Robert F. Peckham Federal Building in San Jose, California. (Photo by Yichuan Cao/NurPhoto via Getty Images)

La strategia di Theranos che sta emergendo

Sia Lucas che Mosley confermano di avere avuto a disposizione documenti “fuorvianti”, incluso un falso rapporto con il logo di Pfizer, ma che ogni dubbio veniva tacitato dalla crescente fama e riscontro della Holmes nel mondo dei media.

La copertina della rivista Fortune del 2014, che ha imposto la Holmes come nuova speranza del pianeta, li aveva addirittura resi “(…) orgogliosi di essere coinvolti, orgogliosi di Elizabeth”.

Processo a Elizabeth Holmes: cosa ci insegnano le testimonianze

Quello che sempre più sta diventando chiaro è che la comunicazione è stato il vero prodotto della Theranos. Ma ancora più interessante è scoprire quanto i media tradizionali siano tutt’oggi potenti nel poter indirizzare finanziamenti.

Questo loro potere, un tempo quasi assoluto, in breve si esaurirà, ma non, come si potrebbe pensare, per l’incredibile concorrenza dei nuovi media, ma per l’impreparazione e le strategie proprio dei vecchi media.

Giornali e riviste, anche se blasonate, rincorrono i tempi della rete, non hanno modo di approfondire, funzionano sempre più come uffici stampa delle organizzazioni più influenti. Invece di godersi la loro realtà più lenta ma, proprio per questo, più approfondita, competono per essere più importanti dei canali social o degli influencer. Si mettono al pari di chi le notizie le legge.

E’ allora forse un bene che anche gli ultimi baluardi dell’informazione stampata siano in questo trial sotto processo (in un certo senso).

Loro la colpa di non aver controllato, di aver accettato di essere passacarte, di aver convinto i lettori di qualcosa che, loro per primi, avevano semplicemente letto da altri.

Il processo a Elizabeth Holmes si sta trasformando nel processo alla stampa, rea di essere prezzolata, e nel processo a tutti noi, rei di crederle ancora.

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