Perché Hirst sta bruciando 5000 opere? Damien Hirst negli anni ci ha abituato a vedere le cose come il contemporaneo guarda noi. Anche in questi giorni ha deciso di fare qualcosa per il quale il mondo parlasse di lui.
All’interno della Newport Street Gallery di Londra ha fatto installare sei camini nei quali, da giorni oramai, sta bruciando in diretta dei propri lavori.
Nello specifico, sta mettendo a fuoco con distaccata ‘freddezza’ 5.851 opere fisiche che, contemporaneamente, rimarranno esistenti solo come NFT (leggi qui l’articolo per sapere cosa sono gli NFT in arte).
Infatti tutto il senso dell’azione sta nell’aver creato 10.000 opere fisiche, firmate e numerate, e nell’averle trasposte come NFT, quindi in digitale, duplicandole in un certo qual senso. La raccolta si chiama “The Currency”. Vendendole, poi, ha chiesto a ogni acquirente se avesse voluto tenere l’opera fisica o quella digitale. Nel caso la scelta fosse ricaduta sul secondo modo, l’opera fisica finiva nel camino.
A dare il primo passo è stato lui stesso, comprandosi i primi 1000 NFT e bruciandone, quindi, le prime 1000 opere fisiche.
“Molti pensano che stia bruciando milioni di dollari di arte. Ma io sto solo completando la trasformazione di queste opere d’arte in NFT bruciandone le versioni fisiche. Il valore dell’arte fisica, che nella migliore delle ipotesi è difficile da definire, non andrà perso, sarà trasferito in NFT non appena saranno bruciati” (fonte Instagram)
Questo fuoco del contemporaneo continuerà a bruciare fino al 30 Ottobre, data di chiusura della mostra londinese.
Perché Hirst sta bruciando 5000 opere? (davvero)
Di Hirst mi ha sempre attirato il suo essere funabolo tra l’analisi attenta dell’essere sociale e l’astuzia di una volpe del mercato.
Anche questa azione chiama in causa temi molto interessanti: il primo che mi viene in mente è il chiedersi cosa sia una copia se non vi è più l’originale (infatti qui l’autore ha fatto una cosa un po’ “old school”: gli NFT oggi nascono direttamente sul digitale, non sono più fotografie di opere che esistono davvero).
Inoltre mette in scena un’azione completamente distruttiva sul piano reale ma creativa su quello digitale, intrecciando e opponendo i due livelli. Infine, tra le molte chiavi di lettura che sicuramente sono e stanno uscendo, lega l’idea di ‘valore’ digitale alla scomparsa del reale.
Quindi di temi ce ne sarebbero… Quello che meno mi convince è che ogni opera, digitale o reale che fosse, è stata venduta per 2000 dollari al pezzo. “Dollari reali” mi verrebbe da aggiungere. Qui non c’è stato dubbio o tema affrontato. Quando si è passato a parlare di prezzi, ovvero dell’effettivo “valore” del quale parla l’autore, si ha avuto un punto fermo e senza ricerca. E questo, secondo chi scrive, dice molto dell’approccio di Hirst, dove con tutto si può giocare, ma non si tocchino i soldi. E se c’è un tema centrale ma intoccabile nel merito, allora il resto ne diventa limitato.