Now and Then: il nuovo brano dei Beatles grazie all’Intelligenza Artificiale

Now and Then: il nuovo brano dei Beatles grazie all'Intelligenza Artificiale

Now and Then: il nuovo brano dei Beatles grazie all’Intelligenza Artificiale. Chi si immaginava, nel 2023, di sentire una nuova canzone dei Beatles? Questa, che per tutti gli amanti del gruppo è di sicuro una notizia irripetibile, diventa anche una tappa importante per l’Intelligenza Artificiale applicata all’arte.

La canzone si intitola ‘Now & Then’ e, per la prima volta da decenni, è un inedito nel quale tutti e quattro i Beatles contribuiscono. Per anni non si è riuscito in alcun modo a produrla, a farla diventare reale.

Come nasce Now and Then: il nuovo brano dei Beatles grazie all’Intelligenza Artificiale

Tutto nasce quando viene recuperata una demo cantata da Jonh Lennon. E’ su una cassetta, quelle da mangianastri che oggi non esistono più e che, forte del tempo che l’ha resa caratteristica, adesso è l’immagine ufficiale del brano. McCartney dice che successe dopo la morte di John, con una chiamata da parte di Yoko Ono. Aveva una cassetta dove si sentiva un ritornello cantato da Lennon, ma l’audio era tutto rovinato. Paul riconosce la canzone: l’avevano scartata all’ultimo, era prevista in un album.

Per anni cercano di pulire il suono, di far uscire la voce di Lennon dal nastro, ma nulla, la tecnologia non è ancora pronta. Poi, l’anno scorso, con l’ausilio dell’Intelligenza Artificiale riescono a fare qualcosa di mai sentito. Riportano in vita, isolandola, la traccia vocale di Lennon, perfetta come registrata oggi.

Dice McCartney:

“Avevamo la voce di John e un pianoforte e lui [Jackson] poteva separarli con l’intelligenza artificiale. Dicono alla macchina: ‘Questa è la voce. Questa è una chitarra. Silenzia la chitarra.”

E’ una bellissima ballad, e il fatto che nel testo si possa ritrovare la malinconia di un amico scomparso la rende un pezzo degno di essere ricordato.

Promesse e rischi dell’Intelligenza Artificiale nella musica

Questa Intelligenza Artificiale, quindi, fa anche cose buone. Ma nell’ambito musicale non è certo il primo esperimento, tra quelli più o meno riusciti. Basti ricordare che sempre McCartney, solo un anno fa, si era presentato sul set di Glastonbury impegnato in un duetto virtuale con un ologramma di Lennon, oppure i vari ologrammi interattivi di Tupac, Maria Callas, Ronnie James Dio, che riempiono i palazzetti al posto dei defunti…

E che dire delle tracce “deepfake” che, oggi sempre più, in modo più o meno dichiarato occupano gli interessi delle case discografiche? Per ora l’IA riesce a creare deepfake credibili solo a livello di provini o outtakes, ma non credo manchi molto a quando un’intera canzone credibile sarà composta a nome di un artista più o meno ignaro del tutto.

Diverso è invece il discorso come ricerca artistica e ‘strumentale’. Una parte crescente della musica elettronica, basti citare Grimes e Holly Herndon, utilizza l’IA come un vero strumento, dichiarandolo come tale e giocandoci. E’ simile a quando, decenni fa, un’intera postazione dj è diventata uno strumento per fare musica al pari di un pianoforte. Rimane però ferma, anche in tale ambito, la problematica del diritto d’autore e della volontà di collaborazione che l’artista riprodotto ha (o avrebbe voluto avere!). Prendere la voce di un artista scomparso e metterkla nel nostro lavoro è lecito?

Oppure con nuovi strumenti non viene una nuova morale, ma semplicemente alcune domande vengono sorpassate dal progresso. In pochi anni, visti i soldi che potrebbero farsi con tale tecnologia, a nessuno interesserà domandarsi se c’è uno sfruttamento illecito degli artisti. D’altro lato rimane un grave rischio: che sempre più la creatività umana venga vista come una memoria da utilizzare ma non riproporre più, in forza della comodità della nuova tecnologia.

Vedremo.

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