Ogni tanto sul blog ospito degli articoli che mi piacciono questo è quello di oggi. Scritto da Adriano Pettenon , un “ingengnere creativo”, come lo definisco io, che ha creato un’articolo per noi. Il mio grazie Adriano e buona lettura a tutti.
Paola
Tutti noi abbiamo una nostra idea di progresso, una aspettativa su ciò che il progresso può portare, forse anche un po’ di paura. “Progressus” in latino significa “cammino”, passo avanti in direzione di un miglioramento, di un incremento.
Pensava questo anche Neil Armstrong quando il 20 luglio 1969 disse: “Questo è un piccolo passo per un uomo, un gigantesco balzo per l’umanità”, poi fece un saltello dal penultimo scalino del LEM, il modulo lunare, e posò per la prima volta un piede umano sulla Luna.
Nel 1971, due anni dopo il primo atterraggio sulla Luna, il regista Stanley Kubrik nel film Arancia Meccanica faceva dire al barbone aggredito dalla banda dei Drughi: “A cosa serve andare nello spazio se poi esistono persone come voi?”.
Vediamo allora che il “progresso” è un argomento più complesso della semplice misurazione di passi in avanti.
Essenzialmente per due motivi:
-
Ci viene naturale, istintivo, associare la parola “progresso” alla parola “civiltà”, ci piace pensare che il progresso sia un miglioramento della civiltà, (altrimenti a cosa serve!).
-
Il progresso si sviluppa con tempi e risultati diversi in molti settori, ad esempio nella conoscenza scientifica, nella tecnologia, nelle relazioni sociali, nel livello di benessere, nell’uso delle risorse della terra,…
Nella nostra personale idea di progresso mescoliamo riflessioni guidate dalla nostra sensibilità umanistica, interessata alla crescita della civiltà, della cultura, dei diritti, delle arti, della società, con altre riflessioni guidate dal gusto per la conoscenza, per l’esplorazione, per il piacere di usare tecnologie sempre più avanzate per le necessità della vita e il piacere delle comodità.
Quando parliamo di progresso, o quando lo subiamo, l’attenzione va alle sue finalità e agli effetti sulla crescita della civiltà.
Quando invece agiamo per il progresso partecipando al suo sviluppo con le nostre attività, prestiamo attenzione all’espressione della natura tecnica dell’uomo, al suo cammino verso l’uso di strumenti sempre più sofisticati, al superamento di sfide per la sopravvivenza e la sicurezza, alla capacità di imbrigliare le acque nelle dighe per ricavarne energia e dosarla secondo la necessità delle coltivazioni, vincere le malattie, spostarsi rapidamente da una parte all’altra del mondo.
Esaminando dove ci ha portato il progresso possiamo osservare che:
- l’uomo ha addomesticato gli animali per farsi aiutare nel lavoro, ha inventato le macchine per produrre energia e fare i lavori più pesanti e ripetitivi, e poi con le catene di montaggio ha addomesticato se stesso per aiutare le macchine a lavorare con efficienza;
- oggi possiamo comunicare con un’amico che sta dall’altra parte del mondo, pazienza se non prestiamo attenzione all’amico che ci sta a fianco.
Da chi dipende il progresso?
George Bernard Shaw, il grande drammaturgo irlandese, disse: “L’uomo ragionevole si adatta al mondo; quello irragionevole persiste nel tentativo di adattare il mondo a se stesso. Quindi tutto il progresso dipende dall’uomo, e dalla donna, irragionevole”.
Vediamo allora chi è l’uomo o la donna ragionevole:
- è quella persona che rispetta le regole, che si adatta;
- quella che cerca i suoi spazi, tenta di affermare se stessa senza disturbare troppo, senza generare turbamenti in chi ha intorno, senza rischiare scontri, meglio evitare che possa succedere di farsi nemici;
- quella che quando ha di che vivere dignitosamente si accontenta, che applica solo quanto possibile le tue capacità ed attitudini, meglio seguire usi e costumi consolidati;
- quella che ha idee tecniche, scientifiche, imprenditoriali, sociali e pure capacità per applicarle, anche energia per combattere un po’, però non vuole esagerare, chi è per osare a cambiare il mondo, non è facile, e poi non si sa cosa può succedere.
Chi è invece l’uomo o la donna irragionevole?
Molti li conosciamo, sono passati alla storia, ci hanno fatto attraversare l’età della pietra, del ferro, il rinascimento, le rivoluzioni industriali e sociali. Ad esempio:
- Cristoforo Colombo era così irragionevole che tutti lo prendevano per pazzo ad andare oltre le Colonne d’Ercole, lo Stretto di Gibilterra, ed avventurarsi nell’oceano inesplorato, meglio sarebbe stato almeno seguire la costa;
- Marco Polo doveva proprio essere irragionevole per andare fino in Cina con i mezzi di quel tempo, tant’è che quando è tornato non gli hanno creduto;
- Enrico Mattei nel 1945 fu nominato Commissario liquidatore dell’Agip, disobbedì e ne fece una multinazionale del petrolio (dal 1952 ENI), protagonista del miracolo economico postbellico, adottò nuove regole nei contratti con i paesi produttori e contrastò lo strapotere delle cosiddette “sette sorelle”,
- Thomas Edison ha continuato a sperimentare la lampadina andando oltre ogni ragionevole numero di tentativi;
- il Rivoltoso Sconosciuto, quel ragazzo cinese di 15 anni che durante la protesta di Piazza Tienanmen a Pechino il 4 giugno 1989 diventò il simbolo più noto della rivolta: solo e disarmato si parò davanti a una colonna di carri armati per fermarli.
L’elenco potrebbe continuare con altri scienziati, uomini di stato, della cultura, dell’arte, dello sport, dell’economia. Mi viene in mente ad esempio Adriano Olivetti e le innovazioni dei prodotti e della gestione aziendale che ha portato avanti contro ogni argomentazione sulla ragionevolezza.
Se il progresso è un passo da una situazione ad un’altra che sta un passo più avanti, non importa se quel passo ti interessa perchè stai male dove ti trovi o perchè aspiri alla situazione nuova, vale sempre quanto diceva Martin Luther King: “Puoi non essere responsabile della situazione in cui ti trovi, ma diventi responsabile se non fai nulla per cambiarla”.
Di fronte a questa responsabilità non c’è ragionevolezza che tenga. Siate irragionevoli.
Adriano Pettenon
https://www.facebook.com/pettenonadriano/