Chi vede la fotografia come strumento solo per catturare attimi del presente, ha una visione parziale di questa che, a tutti gli effetti, può essere definita arte.
Un’arte visiva nella quale la sensibilità nel cogliere ombre e luci, tagli di particolari, diventa indispensabile per raccontare storie, cambiandone contorni e trasformarle in altro.
Quello che era statico, improvvisamente si anima in qualcosa che emoziona.
È quello che succede davanti alle opere fotografiche di Alberto Marubbi.
Come nasce la passione per la fotografia?
«Dire come nasce significa anche raccontare quando, cioè da ragazzo. Sono sempre un po’ stato alle prese con la macchina fotografica e poco alla volta mi sono evoluto. Ma la vera passione nasce nel tempo, dall’osservare quello che ci circonda, la natura, le cose, le persone… Sì, direi dall’osservazione, soprattutto. Unita ad una personale sensibilità.»
« Dalla passione, in seguito è nato il lavoro.»
Cosa ci dici della passione che diventa lavoro?
«È il senso della vita perché tu fai quello che ti piace. Un giorno ti alzi e decidi di fare quello che ti piace perché lo fai per te stesso ma, alla fine anche per gli altri. Se fai una cosa che ti piace, la trasmetti in modo differente.»
Cosa ami della fotografia? Che cosa catturi con il tuo obiettivo?
«All’inizio, facendolo quasi esclusivamente per diletto, seguivo l’onda dell’emozione che mi ha portato a fare e ad imparare diverse cose. Poi, poco alla volta, mi sono lasciato coinvolgere emotivamente dal mio amore per gli animali. Mi piace molto il rapporto che ho con loro, e quindi, fotografarli, per me, è emotivamente molto importante. Ultimamente, invece, mi sto volgendo verso cose un po’ più artistiche, cercando di differenziarmi dalla pletora di fotografi che oggi ci sono.»
Come succede spesso a chi sente il desiderio di rinnovarsi, di trovare nuove vie espressive, anche Alberto inizierà ad orientare i suoi scatti verso altro. L’ispirazione partirà dopo una visita alla personale di Andy Warhol.
«Sono rimasto folgorato dalla sua mostra, da quello che lui faceva. Mi ha stimolato a tal punto da indurmi a voler realizzare un progetto fortemente ispirato da lui… Tra l’altro il mese prossimo ricorrerà il trentennio dalla sua scomparsa. È stato importante aver assistito ad una sua mostra, perché mi ha fatto guardare anche in altre direzioni. L’altro progetto, consiste in una serie di foto che ho anche messo in vendita, e che ho preso dalla mia collezione che si chiama “Broken Walls” (Muri Rotti). È una composizione di fotografie e una di queste è un muro rotto, con intonaco malmesso e un’immagine in sovrapposizione di gabbiani.»
Cosa vorresti realizzare come fotografo? Hai un’ambizione?
«Mi piacerebbe che le mie foto fossero nelle case, come dei quadri, come forma d’arte. Le vedo come pezzi d’arredo per abbellire gli ambienti. Per questo le vedo come una cosa fruibile dalla maggior parte delle persone, magari attraverso copie più economiche che riproducano gli originali, non accessibili da tutti, che vengono montati su pannelli.
Mi piace l’idea del “bello comune”. »
Quindi la tua ambizione sarebbe quella di portare la tua fotografia nelle case delle persone?
«Nelle case ma anche negli uffici, perché no… pensando alla “fotografia che incontra l’imprenditore”. In questo caso, ci sono un’infinità di modi per realizzare questo connubio. Come, ad esempio, il progetto, che sto portando avanti in questo periodo, di fotografare cartoline d’epoca e ridipingerle secondo il gusto della persone che ne fa richiesta , intonando il colore di fondo, al colore presente nel locale che ospiterà la fotografia. L’idea iniziale era quella di chiamarlo “fotografia d’arredo” ma questo portava le persone a pensare che fotografassi mobili, Quindi per evitare ulteriori equivoci, gli ho dato il nome di “ARREDO FOTOGRAFICO” www.albertomarubbi.it
Cosa c’è di te nella fotografia?
«Molto. C’è la visione onirica. E c’è la geometria che disegna la storia dell’immagine, creando il contrasto tra gli schemi della vita e la libertà a cui tutti noi aneliamo … anch’io, quasi fosse un sogno irraggiungibile. »
Questa risposta fa intendere chiaramente che importanza abbia per Alberto la libertà, intesa come possibilità di esprimere liberamente, senza condizionamenti quello che è e che la fotografia gli permette di fare: esprimere la sua dimensione.
Un’arte visiva che fa arrivare allo spettatore, emozioni diverse e a volte contrastanti tra loro, ma tutte accomunate da una nota dominante: la creatività.
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