Elodie nuda parla di arte e libertà … forse. Iniziamo questo piccolo articolo con l’adagio che deve giustificarlo: “dal letame nascono i fior“. E’ vero: il buon De Andrè si riferiva a un letame più ricco, quello della vita vera che puzza, e citava Baudelaire mentre lo cantava. Qui ci riferiamo invece a letame sintetico, digitale e programmatico (oltre che programmato). Ma da certe schifezze anche noi possiamo far nascere qualche ricordo interessante per chi legge.
Elodie nuda scandalizza e risponde agli haters (che interessante)
Quando parlo di letame sintetico mi riferisco alla polemica riguardante le foto per il lancio dell’album fatte da Elodie, gli attacchi social subiti e la sua risposta. Non c’è in questa storia qualcosa che si elevi rispetto al resto, è un grande frullatore di….. beh, ormai l’avete capito di cosa.
Elodie pubblica delle foto nuda per fare pubblicità alla sua musica (...ehggià ...), il suo staff (qui ipotizzo) manda la notizia ai portali, alle agenzie, ai blog, a chiunque sottolineandone da soli lo scandalo.
Le agenzie di comunicazione aspettano solo certa paccottiglia per mettersi all’opera e scatenare haters, unico modo per far partire una comunicazione efficace (ne abbiamo parlato in QUESTO ARTICOLO). Gli haters, corpi senza peso, inondano di indignazione i social, e la cantante (che in tutto questo mica canta) esce come la paladina della libertà di espressione.
“Il mio corpo non dovrebbe suscitare scandalo, questo è il mio corpo, il mio manifesto di donna libera”
“Tanti mi hanno detto che non c’è bisogno, invece ce n’è eccome! Il corpo (…) per me è arte e libertà “
Il tutto condito da ulteriori uscite sugli uomini che hanno “rotto i cog…ni” (cit.) e hanno paura delle donne perché queste “creano”. Bene, spero non vi aspettiate su questo portale un parere sui fertilizzanti artificiali. Invece da qui possiamo citare e farvi incuriosire su 2 volte nelle quali il corpo è diventato veramente arte.
Seconda soluzione di immortalità (l’universo è immobile), Gino De Dominicis
Chi avesse visitato la XXXVI Biennale di Venezia, nel 1972, avrebbe trovato Paolo Rosa, affetto dalla sindrome di Down, seduto in una stanza immobile. E’ questa l’opera che passa alla storia di Gino De Dominicis (e che gli frutterà anche una causa per sottrazione d’incapace alla patria potestà , poi vinta).
In quest’opera tutto è messo in discussione. Il valore delle cose infatti sta, nel pensiero comune, nella loro relazione con il tempo. Cose che durano molto e sopravvivono alle età , cose che compongono la memoria, cose belle perché passeggere o, per lo stesso motivo, brutte. La nostra interpretazione del mondo è sempre un rapporto tra finito e immortalità . Paolo Rosa non percepisce il concetto del tempo. E’ parte della sua condizione. A cambiare, in quella stanza della Biennale, sono le cose stesse, siamo noi spettatori che, da un punto di vista diverso dal nostro, veniamo estratti da ogni meccanismo valoriale legato al tempo, eppure esistiamo.
Questo è fare arte con il corpo… per dio!
Il bianco non esiste, Gina Pane
Per chi poi avesse fatto un viaggio a Los Angeles nello stesso anno, forse si sarebbe imbattuto in una performance che è diventata iconica.
Il bianco non esiste vede Gina Pane, astro assoluto della body art, che si sfregia il volto con una lametta, davanti al pubblico che non è consapevole di nulla e rimane paralizzato. Avviene tutto nella città del cinema, delle ville, della chirurgia estetica ai suoi inizi. Il suo viso è attaccato, reso irriconoscibile e sanguinante, sottratto alla bellezza compiacente per esprimere gli attacchi fatti alle donne. Oggi questo può sembrare un po’ già visto nel mondo dell’arte, ma qui nasce per la prima volta in maniera così spettacolare, questo è il riferimento di chi lo fa oggi. La tortura è del corpo ma anche dello spirito, costretto per farsi sentire a umiliare il corpo perché si smetta di umiliarlo.
Così si è liberi col corpo… per giove!