Durante le guerre: la danza nell’arte (parte prima). Ancora immagini di terrore. Un video al Nova Music Festival, un rave organizzato nel deserto a pochi passi dalla striscia di Gaza, immortala la danza, la festa, il divertimento paralizzati dall’incursione dei terroristi di hamas. Finirà con più di 260 persone uccise sul posto, senza contare i rapiti. Non sono la persona che può spiegare ciò che succede, e neanche quella che può tirare morali della storia.
Posso solo pensare che, forse la minor cosa di tutte, una danza è stata interrotta. Le opere d’arte servono anche a continuare una danza quando non si può fare più rumore. Continuano a immortalare un momento diventato impossibile.
Quando c’è la guerra l’arte parla anche delle danze interrotte. Proviamoci.
Durante le guerre: la danza nell’arte (parte prima). Anfora nikostenica del Cleveland AM
Nella parte superiore del celebre Vaso François (datato circa al 575 aC) troviamo la prima raffigurazione in ambiente greco della danza. 14 giovani e fanciulle che avanzano tenendosi per mano in un ballo di gruppo per celebrare l’impresa di Teseo nel labirinto.
Il vasellame greco ci offre tantissime raffigurazioni di danza e ci fa pensare come quest’arte fosse presente nella vita quotidiana. Non scordiamoci poi che il loro concetto di danza era più esteso del nostro: era danzare anche il gioco della palla (ἐπίσκυρος) e la ginnastica, oltre che, naturalmente, anche la messa in scena di riti e processioni. Il modo di raffigurare la danza i greci lo mutuano dalla cultura cretese, dove le divinità o le sacerdotesse spesso sono identificate con donne che danzano.
Nell’anfora nikostenica del Cleveland Museum of Art si vede un passo intermedio tra le due culture: satiri e menadi, figure anche divine, danzano in un ritmo che può farci pensare, senza timore di essere fuori luogo, alla scena di un rave.
Tomba delle Danzatrici
Il mito di Teseo per l’antichità vuole dire danza. Forse è dato dal fatto che l’eroe stesso, girando tra le strettoie del labirinto, seguendo un filo, non fa altro che danzare. Poi fugge con i giovani ateniesi, Arianna compresa, a Creta, creando una processione per uscire dal mito.
Ecco che molti studiosi pensano che a questo racconto sia legata una delle raffigurazioni più misteriose della danza nella storia. Scoperta nel 1833, si trova sulla lastra di una tomba a semicamera a Ruvo di Puglia (Bari). Oggi la conosciamo tutti come Tomba delle Danzatrici e possiamo ammirarla al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
L’età di riferimento è tra l’VIII e il V secolo aC., vediamo nove donne procedono a passo di danza, in gesti che ancora oggi vengono fatti nelle coreografie circolari e rituali. Vestite di colori accesi, attente, con ombre che fanno intuire il movimento, orecchini a cerchio, trucco e calzature a punta. La loro danza non può essere fermata perché ha troppo a che fare anche con la morte.
Danza di Apollo con le muse, Giulio Romano
Il classico viene riscoperto nel Rinascimento. Non è però quel classico del quale abbiamo appena parlato, quello dei misteri, ma sono le grandi Polis, la Roma imperiale. Il ballo e la danza non sono riscoperti come ritualità e percorsi dal e verso il mito, ma come momento di festa, affiancate al carnevale e al travestimento.
La raffigurazione rinascimentale della danza riscopre la bellezza del corpo umano, maschile e femminile, il suo potersi di nuovo mettere in scena flessuoso. La Danza di Apollo con le muse di Giulio Romano, oggi a Firenze a Palazzo Pitti, è forse il manifesto più noto di questa concezione. I danzatori e le danzatrici sono eleganti signori che estendono i loro movimenti con tessuti leggeri, che si divertono e ricreano le ambientazioni bacchiche degli antichi romani.