Batosta al Bitcoin: vendere o comprare dopo la Cina? Le criptovalute hanno subito una vera batosta dopo la decisione della Cina di confermarle come valuta illegale. Le quotazioni sono calate da un giorno all’altro e oggi ci si chiede come sia il loro vero stato di salute.
La decisione della Cina che ha scatenato il deprezzamento
Venerdì 24 Settembre la PBoC (People’s Bank of China, Banca centrale cinese) ha annunciato che le criptovalute rimangono illegali. In sequenza, il Bitcoin ha perso il 7,56% arrivando al valore di 41.387,35 dollari, Ether e Litecoin scese rispettivamente del 10,16% e dell’11,16%. Dogecoin si è fermato a 8,7% e hanno subito cali omogenei anche EOS, Dash. Importanti perdite sono registrate nei titoli legati al mercato, come Marathon Digital Holdings Inc., in calo del 6,6%, o MicroStrategy Inc. del 5,8%.
Il bitcoin, il giorno precedente valutato a $45.000, ha toccato in poche ore i $40.700, raggiungendo un calo di capitalizzazione da $1.184,9B a $800,9B, livello che non raggiungeva da mesi e che, a prescindere, raramente o forse mai aveva raggiunto in un lasso di tempo così ridotto.
La Cina ha così confermato il suo approccio su bitcoin e criptovaute, dichiarando illegali tutte le transazioni e le attività in valuta digitale e preannunciando un intervento statale repressivo sui mercati.
I motivi della Banca centrale cinese
Ufficialmente la banca centrale cinese dichiara gli interventi necessari per arginare il fenomeno di mining delle criptovalute. Nello specifico, scopo della Cina sarebbe fermare il numero sempre maggiore di truffe legate agli scambi digitali, spesso legate al modello ICO (Initial Coin Offering), usato dalle start up per evitare la regolamentazione sulla raccolta pubblica di fondi.
La vera ragione sta altrove?
A fronte delle dichiarazioni di intento, la verità è che lo stato cinese sta contemporaneamente lanciando la sua personale moneta digitale. La ‘CBDC’ è già presente in 28 regioni, con una promozione capillare nelle aree urbane e diversi blocchi regionali ad altri metodi di pagamento. A questa segue la diffusione dell’App sullo yuan digitale correlata, già utilizzata in modo quasi esclusivo dal 10% della popolazione.
L’ennesimo provvedimento sembra quindi un tentativo ulteriore di azzerare la concorrenza. La Cina, in verità, sta fortemente puntando sulla digitalizzazione della moneta, a partire dai territori che ospitano Huawei, Tencent e Alibaba, veri centri di innovazione tecnologica. A questi, fino a ieri, si contrapponevano lo Sichuan, XinJiang, Yunnan e la Mongolia, veri capoluoghi del mining e del bitcoin, spina nel fianco per i piani statali.
E infatti è a questi luoghi che la Cina sta facendo effettivamente guerra, una guerra per ora tutta interna, cercando di adeguarli alla moneta digitale statale. Lo Yuan digitale è un piano a lungo termine che permetterà allo stato la conoscenza piena di ogni transazione economica sul territorio.
Le ricadute di questa guerra interna
Se la PBoC riuscirà nel suo intento di adeguare il mercato interno all’unica moneta digitale statale, questo porterà un netto rallentamento nell’uso delle criptovalute, sia internamente che come scambi.
Tuttavia, c’è da dire, questa stessa lotta intestina sta facendo scappare dal territorio cinese ingenti capitali e strutture legate allo scambio cripto. Gli Stati Uniti per ora ne sono il maggiore beneficiario, accogliendo sul loro territorio migliaia di miner.
Batosta al Bitcoin: vendere o comprare dopo la Cina?
Si potrebbe dire, paradossalmente, che questo possa essere un buon momento per interessarsi alle criptovalute: il fatto che il governo cinese ne sia così preoccupato è segno che le ritiene serie e, inoltre, è probabile che gli Stati Uniti inizieranno ad utilizzarle sempre di più come metodo di infiltrazione asiatica.
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